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CONFINI e TORTE NUZIALI

L’Antropocene è l’era geologica in cui la specie umana risulta essere il driver predominante dei cambiamenti a livello planetario. Abbiamo superato in ampiezza e frequenza le pressioni naturali che hanno caratterizzato i grandi cambiamenti terrestri dei passati milioni di anni, come le eruzioni vulcaniche, i terremoti/maremoti, le fluttuazioni della distanza dal sole. Con la Grande Accelerazione degli ultimi 50 anni – quindi ad opera delle sole due ultime generazioni di adulti – abbiamo prodotto la quantità di cambiamenti avvenuti negli ultimi 10.000 anni: questo enorme aumento di pressione è rilevabile in qualsiasi parametro del sistema-terra si voglia considerare, tutti presentano lo stesso pattern esponenziale.

Nel 2009, il professor Johan Rockström (allora direttore del Stockholm Resilience Center dell’Università di Stoccolma) ha guidato un gruppo di 28 scienziati per identificare i nove processi che regolano la stabilità e la resilienza del sistema terrestre: confini planetari quantitativi entro i quali l’umanità può continuare a svilupparsi e prosperare per le generazioni a venire. Attraversare questi confini aumenta il rischio di generare cambiamenti ambientali improvvisi o irreversibili su larga scala.
Tutta la vita sulla Terra è contenuta all’interno di uno strato di appena 20 chilometri: la biosfera.

Illustration: J. Lokrantz/Azote

Si parla molto, e per fortuna, dei cambiamenti climatici e dei loro impatti, ma, a guardare l’infografica dei limiti planetari, ciò che risalta sono altri parametri. Se i cambiamenti climatici sono entrati nella zona di incertezza, il surriscaldamento globale ha condotto altri indicatori al superamento drammatico dei limiti in zone ad alto rischio: in particolare i cicli del fosforo (P) e dell’azoto (N) e la perdita di biodiversità. Siamo all’interno della sesta estinzione di massa registrata sulla Terra e la prima causata da un’altra specie: noi.

Altrettanto grave la situazione degli ecosistemi terrestri, delle loro funzioni e ‘servizi’, dovuta alla dissennata gestione dei territori, alla deforestazione e al saccheggio di risorse minerarie. Mentre l’acidificazione degli oceani è prossima alla prima soglia di rischio.

Tutto questo sta avvenendo con un solo grado medio di surriscaldamento globale: un’incredibile incremento delle energie planetarie e della loro instabilità, non più mitigata e graduata da un sistema ben bilanciato. La scienza ci sta anche dicendo che i sistemi complessi hanno un comportamento non-lineare: che significa, non-prevedibile, non-quantificabile. Quindi nemmeno i tipping points sono predicibili e potremmo assistere a fenomeni rapidissimi di collasso a cascata, impossibili da arrestare. Già con un solo grado, cioè se il trend si arrestasse immediatamente, e per via dell’inerzia dei sistemi, siamo già al punto di irreversibilità per quanto riguarda: scioglimento dei ghiacciai (alpini, artici e della Groenlandia) e perdita totale delle barriere coralline tropicali.

Ma la finestra è ancora (per poco, appena una decina d’anni) aperta, perché il pianeta, e soprattutto il suo regno vegetale, è così resiliente da essere capace di assorbire ampi sbilanciamenti nelle sue componenti. E la non-linearità vale sia per i rischi che per le soluzioni.

Alla luce di quanto dedotto da questi studi, è evidente che la definizione di sostenibilità, in tutte le sue declinazioni, va rivista con l’aggiunta “all’interno dei limiti del pianeta”. Gli obiettivi di sostenibilità, schematizzati con i 17 SDGs, restano validi purché il loro raggiungimento non confligga con i confini del sistema-Terra: questo ci dice in modo chiaro che il business as usual, benché realizzato con fonti energetiche rinnovabili, non è più sostenibile da questo pianeta. Eloquentemente, gli SDGs vanno riconfigurati nella cosiddetta wedding cake”.

Illustration: J. Lokrantz/Azote

Alla base della “torta nuziale” si trovano i global goals che non sono negoziabili: quelli riguardanti la biosfera (clima, acqua, vita terrestre e vita marina), quelli che garantiscono la sopravvivenza della nostra e di molte altre specie. Se questi non saranno raggiunti, tutti gli altri obiettivi non avranno nemmeno senso. A un secondo livello andranno affrontati gli otto obiettivi sociali e da ultimi quelli economici. Risistemati in questo modo, gli SDGs ci danno il chiaro senso delle priorità e dove è necessario convogliare gli sforzi maggiori.

“Per quanto sia scomodo, abbiamo il dovere di mettere tutte le carte in tavola: l’intera comunità scientifica sta diventando veramente nervosa per ciò che ha sotto gli occhi. Ma è un momento anche di enorme fermento di consapevolezza, di azione e di soluzioni, una grande energia soprattutto spinta dalle giovani generazioni. È tempo di trasformare la paura, la depressione e le emozioni debilitanti in re-azioni e azioni, trasformarle in una rabbia costruttiva.