RIDIVENTARE TERRESTRI
È una scommessa al rialzo quella che Ecotòno si è data sin dalla sua nascita: intrecciare discipline e “indiscipline” per spargere semi di “terrestrità” intergenerazionale. Lo facciamo attraverso progetti concreti, sempre preceduti da una fase di approfondimento formativo che sposta il focus percettivo e concettuale del nostro-stare-nel-mondo.
Ridiventare terrestri è un’espressione che emerge dal grande lavoro di Bruno Latour (ad esempio in Tracciare la rotta – Come orientarsi in politica e La sfida di Gaia), che invita ad abbandonare l’immagine del Terra-Globo fluttuante nello spazio e a rimettere sensi e pensiero nel vivente terrestre, ri-localizzarci in quelle che le scienze della terra chiamano Zone Critiche: dove tutta la vita accade senza chiasso e vivendo genera mondo.
In quegli spazi – che vanno dalla sommità degli alberi alle rocce madri – la “natura” smette di essere un oggetto omogeneo e astratto e diventa una moltitudine di processi e di comunità abitanti, umane e nonumane, in cui praticare l’arte della “diplomazia tra popoli multiformi”, brillantemente espressa da un altro filosofo Baptiste Morizot, nel suo Sulla pista animale.
Questo è un esempio di come, per “onorare” ogni giorno la Terra, ci impegniamo a riconfigurare la cornice dentro cui andiamo a realizzare un orto o un piccolo bosco commestibile, un filare di siepe campestre o una compostiera, interrompendo l’abitudine a fare formazione in modo riduttivo e sfatando il falso mito secondo cui i bambini e le bambine in età scolare possano assimilare solo cose disneyane. Ce lo insegna una grande maestra di eco-pedagogia come Rachel Carson che – capace di unire il rigore scientifico alla postura maternale, all’etica della meraviglia – in Primavera silenziosa, a proposito del suolo scrive:
«Il sottile strato di suolo, che si stende sopra i continenti come una logora coltre, condiziona la nostra esistenza e quella di ogni altro animale sulla terra. Senza il suolo la vegetazione terrestre quale la conosciamo non crescerebbe e, senza piante, nessun animale potrebbe sopravvivere. […] Il suolo, infatti, è stato parzialmente creato dalla vita, e la sua nascita può considerarsi il frutto di una sorprendente interazione, in epoche remotissime, tra viventi e cose inanimate. I materiali che lo costituiscono si riunirono insieme quando i vulcani eruttarono come fiumi di lava ardente; lo scorrere delle acque sulla nuda terra dei continenti corrose poi anche il più duro granito, e il morso del gelo e dei ghiacci spaccò e sconvolse le rocce. Poi gli esseri viventi cominciarono il loro magico lavoro creativo e, a poco a poco, quella materia inerte divenne “suolo”. I licheni, che per primi ricoprirono la superficie rocciosa, favorirono il processo di disintegrazione con le loro secrezioni acide e crearono una piattaforma per nuove forme di vita: il muschio attecchì su piccole chiazze, sparse qua e là, di terriccio composto dalle rocce sbriciolate dai licheni, dalle spoglie di minuscoli insetti e dai resti di quella fauna che aveva cominciato a trasferirsi dal mare alla terra. Così, non soltanto la vita formò il suolo, ma altre forme viventi di incredibile abbondanza e varietà ora lo popolano; se ciò non fosse, il suolo sarebbe una cosa morta e sterile. Con la loro presenza e la loro attività le miriadi di organismi stanziate sul suolo consentono ad esso di alimentare il verde manto della vegetazione terrestre. Il suolo è in uno stato di perpetuo mutamento e partecipa a cicli senza principio né fine. Esso si arricchisce costantemente di nuovi materiali come, per esempio, i detriti provenienti dalla disintegrazione delle rocce, i residui della decomposizione di sostanze organiche, l’azoto ed altri gas che la pioggia trascina giù con sé dal cielo, al tempo stesso, viene depauperato di altre sostanze che le creature viventi in esso traggono per le loro necessità contingenti. Trasformazioni chimiche, delicate e assai importanti, si sviluppano di continuo per convertire gli elementi provenienti dall’aria e dall’acqua in composti utili ai bisogni delle piante. Ed in tutte queste modificazioni gli organismi viventi svolgono un’azione molto attiva. Pochi studi sono più affascinanti, ed anche meno coltivati, di quelli che hanno per oggetto le innumerevoli popolazioni brulicanti negli oscuri recessi del suolo. Conosciamo troppo poco la trama che lega questi organismi l’uno all’altro, al loro mondo e al mondo soprastante. […] Nel suolo esiste, dunque, questa comunità, questa trama interdipendente in cui si intrecciano le varie forme di vita, ciascuna legata in qualche modo all’altra: le creature viventi dipendono dal suolo ma il suolo, sua volta, è l’elemento vitale della Terra solo se vi prospera tale comunità, insita in esso».