ECOMIMESI E PERMACULTURA
L’ECOLOGIA DEL PROGETTO INTEGRALE
Forse qualcuno ha sentito nominare la biomimesi (o biomimetica, biomimicry in inglese), concetto sviluppato negli anni Cinquanta del secolo scorso: l’approccio progettuale che imita le strategie di alcune strutture biologiche.
Una strategia biologica è una caratteristica, un meccanismo o un processo che svolge una funzione per un organismo o un altro tipo di sistema vivente. Spesso è un adattamento evolutivo che aiuta il sistema vivente a sopravvivere e prosperare. Come disse Janine Beynus:
Di fatto, le invenzioni umane hanno sempre tratto ispirazione dalla natura e dalle sue forme, compreso il nostro corpo. Anche questa attitudine è diventata una disciplina e studia gli elementi della natura per emularli e tradurli in miglioramenti delle ingegnerie umane.
Le applicazioni sono numerose e vanno dal design all’architettura, dalle nanotecnologie all’informatica, dall’ingegneria aerospaziale alla medicina. Quello della biomimesi è uno degli approcci all’innovazione più promettenti, che ha portato a soluzioni sorprendenti. Vi sono, tuttavia, due aspetti da evidenziare.
L’approccio biomimico, così com’è attualmente “codificato”, è pressoché confinato alla ricerca tecnologica e alla produzione di manufatti: componenti, dispositivi, materiali, ecc. Un impiego su scala più ampia riguarda il settore dell’architettura, dove la biomimesi (in questo caso detta “biofilia”) viene tradotta in un organismo (quello edilizio), anziché in un singolo organo, o almeno in apparati (come nel noto esempio dell’Eastgate Building Centre di Harare, in Zimbabwe dell’architetto Mick Pearce, dov’è usata per il sistema di raffrescamento passivo dell’edificio).
In secondo luogo, in termini di estrazione, produzione, consumo e scarto le applicazioni biomimiche predominanti non incidono necessariamente su tali processi e le loro conseguenze di insostenibilità. Raramente considerano la LCA (Life Cycle Assessment): i processi di realizzazione non sono quasi mai contemplati come parte integrante dell’approccio biomimico-biofilico. Tendono, cioè alla massimizzazione, anziché all’ottimizzazione, laddove, invece, i modelli naturali sono impeccabili in quanto ad efficienza e rigenerabilità.
Ad oggi, l’unico approccio che utilizza a pieno i principi della biomimesi in modo sistemico, rispettando la complessità come elemento naturale imprescindibile, è la Permacultura applicata sia alla progettazione di sistemi integrati (fisici) che all’organizzazione di sistemi sociali, poiché entrambi sono parte dello stesso ecosistema vasto. Quello permaculturale è sinora l’unico approccio a tenere insieme l’etica e la sostenibilità dei processi che conducono ai progetti “dalla culla alla culla” (il cosiddetto cradle to cradle, di William McDonough e Michael Braungart), ossia considerando tutte le filiere in un’ottica di responsabilità intergenerazionale.
La Permacultura è appunto un codice metodologico per progettare sistemi integrati multi-scala partendo dall’osservazione di bisogni, funzioni e interrelazioni per dare luogo alla forma, in sintonia con la tendenza di tutti gli ecosistemi naturali di aumentare la loro ricchezza ecologica, la loro ridondanza, quindi la loro resilienza. In questo senso, non solo attua i principi della biomimesi, ma ne amplia lo spettro d’azione. E’ per questo motivo che la chiamiamo Ecomimesi, giacché tiene conto delle relazioni vaste nello spazio e nel tempo.
Si tratta di re-imparare ciò che nel passato sapevamo da sempre intuitivamente, avvalendoci di strumenti e competenze che permettono di affrontare la complessità dei bisogni in modo etico e rigenerativo, nel rispetto dei ritmi e dei processi naturali che non contemplano scarsità, sprechi e rifiuti.